Berlioz. Il pentagramma come arma del delitto
Di Gianni Ventola Danese
Liberazione, 17.2.2008
Una personalità geniale, eccentrica, contraddittoria. Così Hector Berlioz veniva ricordato dai suoi contemporanei, soprattutto dai musicisti che in lui vedevano la “reincarnazione” di Beethoven. I capelli arruffati, lo sguardo torvo, occhi scuri capaci di illuminarsi improvvisamente sospinti da una balenante visione musicale.
Perché è proprio dalla visione, o meglio, dall’incontro tra visione, scenografie immaginifiche e musica che nasce il capolavoro della produzione del compositore francese: la Symphonie Fantastique opus 14 (Sinfonia Fantastica), scritta dall’autore nel 1830. Un testo musicale polimorfo e complesso nel quale Hector sperimenta nuove tecniche compositive e inediti colori orchestrali che domineranno la musica descrittiva del suo secolo, giungendo a influenzare fortemente la musica delle colonne cinematografiche del Novecento. Un’opera intensa, sofferta, dietro la quale si nasconde, ma neanche tanto, la vicenda autobiografica dell’artista e di una donna, Harriet Smithson, che sposerà il compositore 5 anni dopo il loro incontro.
Berlioz la incontra per la prima volta nel 1827. Lei, attrice, recita l’Amleto a Parigi con una compagnia inglese. Il musicista viene folgorato e, irrimediabile, nasce la passione amorosa, a quanto pare inizialmente non corrisposta, verso l’attrice inglese, affascinante, capricciosa e nevrotica. Da questa tormentata storia d’amore, dalle sofferenze che ne scaturiscono e, si dice, dall’uso abbondante di oppio a cui fece ricorso il compositore per lenire le sue sofferenze, che nascono i cinque quadri della Sinfonia dal significativo sottotitolo “Episodi della vita di un artista”. Una composizione dal sapore decisamente autobiografico, quasi la colonna sonora delle deliranti visioni di un amante non corrisposto. La composizione, scritta di getto, con l’impeto tipico di un giovane ventisettenne, emerge chiaramente da una situazione psicologicamente drammatica e lacerante dello stesso autore.
In questa Sinfonia, che può apparire più come un gigantesco Poema Sinfonico di narrativa libera, il compositore rivive e ripercorre la sua tormentata storia d'amore con la donna. A parte la formulazione in cinque tempi e la sua inusuale e lunga durata (circa un’ora di musica), la Sinfonia presenta una massiccia e quanto variegata orchestrazione, quasi sperimentale secondo la tendenza del maestro francese: un ottavino, due flauti, due oboi, un corno Inglese, un clarinetto piccolo, due clarinetti, quattro fagotti, quattro corni, due cornette, due trombe, tre tromboni, due oficleidi (strumenti a fiato oggi quasi in disuso nelle orchestre), quattro timpani, una gran cassa, un tamburo, piatti, due campane, quattro arpe, e la solita nutrita famiglia degli archi.
Ognuno dei cinque movimenti è accompagnato da un titolo che ne riassume il significato. Il primo movimento porta il titolo di Sogni e Passioni e sembra dichiarare il programma estetico della composizione. Il tempo è caratterizzato da un’introduzione lenta che sfocia presto nel tema principale, pieno di impeto ma, anche, dotato di continui cambiamenti di ritmo. Il compositore mette in scena non solo la sua storia amorosa, i sui sentimenti, ma anche il tormento, l’angoscia e le visioni apocalittiche che ne derivano. Il secondo movimento si intitola Il Ballo. Qui Berlioz sogna di incontrare la sua amata ad una festa. Si tratta di uno dei valzer sinfonici più celebri della storia della musica. Il tre quarti coreutico si gonfia di pathos, acquista potenza di battuta in battuta: è la misteriosa quanto meravigliosa nascita del sentimento d’amore.
Scena Campestre è il titolo del terzo movimento. Il tempo è un “adagio” che si mantiene su un ritmo molto lento che fa leva soprattutto sugli strumenti a fiato e su una dolce malinconia. Il musicista ha una visione pastorale dei suoi sentimenti ed emerge prepotentemente l’influenza della Sinfonia Pastorale di Beethoven. Come nella partitura del tedesco, nel finale del lungo movimento oscuri presagi si addensano sulla vicenda d’amore. Un rullo di timpani chiude il movimento annunciando un radicale cambiamento di scenario.
È il quarto movimento, uno dei momenti più profondi e suggestivi della Sinfonia. Il titolo, non proprio tra i più dolci per una musica che parla d’amore, è Marcia al Supplizio, basato tutto sugli strumenti a percussione. Come recita il programma della Sinfonia, scritto dallo stesso autore, qui il musicista immagina di avere assassinato la sua amata, e di essere per questo condannato a morte. Berlioz mette in scena la sua condanna a morte. La musica è un incedere drammatico che scandisce il percorso verso il patibolo. La grancassa batte inesorabile, le linee melodiche discendenti portano verso la terra, il senso della morte è più cinematografico che mai.
Il finale porta il titolo di Sogno di una Notte di Sabba Infernale. Ci troviamo di fronte alla parte più bella dell’intero lavoro. Lo schema compositivo è assolutamente originale: dopo una prima parte frenetica, rimarcata dai violini a ritmo serrato, ecco il rintocco delle campane che suonano a morto e il lugubre tema principale portato avanti dai fiati, cui fanno seguito gli altri strumenti in un’atmosfera quasi irreale, sospesa, onirica. Il compositore immagina di incontrare l'amata in una Sabba Infernale con tanto di streghe, stregoni, ombre, misteri e danze grottesche di ogni genere. Si tratta senza dubbio dell’opera di un uomo ossessionato da alcune visioni e tormentato da una storia sentimentale finita male ma è, sicuramente, anche l’espressione più genuina dell’animo di un artista che, non trovando riscontri e apprezzamenti nei contemporanei, anticipa la musica moderna e apre nuovi orizzonti sul piano del sinfonismo tardo ottocentesco.
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