giovedì 29 novembre 2007

Sinfonia per organetto solo

All'inizio mi ha incuriosito e, sinceramente, mi sono anche chiesto chi lo pettina. Poi, all'improvviso, ascoltando un pezzo dopo l'altro, ho avuto una visione. Una distesa bianca spazzata dal vento, un bosco verde, un lago ghiacciato sulla cui grigia superfice si riflette il cielo di un inverno finlandese.

Perchè la musica di Antti Paalanen è arcaica, come il paesaggio della Finlandia. Monodie che si trasformano in delicate polifonie modali, e l'organetto suona come un harmonium con un respiro che è quello della solitudine dei grandi spazi freddi che si illuminano fugacemente di primavera in imperiose impennate melodico ritmiche.

Insomma, è da ascoltare questo ragazzo laureatosi di fresco alla Siblelius Academy, l'unica scuola di musica al mondo a offrire una laurea in organetto. La sua musica è un lento risveglio, un torpore che vi prenderà l'anima. Nel suo stile solistico impossibile non notare una impronta sinfonica, un segno che ricorda proprio il grande compositore finnico Sibelius.

Si può ascoltare qui: http://www.myspace.com/anttipaalanen

domenica 25 novembre 2007

La ricetta di Brotto

Ecco cosa significa secondo me avere una buona idea di che cosa si può tirare fuori da un organetto. Ingredienti: un registro per la soppressione delle terze, 8 bassi freschi freschi (12 per le grandi occasioni), due file a mezza tagliate sottili sottili, un organetto Castagnari ben stagionato, sincopi e controtempi quanto basta, una spruzzata di mantice, guarnire il tutto con swing e un tocco di improvvisazione jazz, servire accompagnato da un suono secco o poco mosso d'annata. Buon appetito...

Il cuoco è Cyrille Brotto, un ottimo organettista francese.

martedì 20 novembre 2007

Cosa significa "zherdine"?

Il nome se lo sono scelto un po' complicato, Zherdine, con la acca tra la zeta e la e!

Zherdine [zerdin], nom d’origine inconnue
1.adj. : se dit d’une ritournelle qui provoque une irrésistible envie de danser.
2.n.f. : petites histoires musicales ponctuées de détails imaginaires inventés par cinq félibres.


Questa è la spiegazione etimologica fornita in francese nello spazio Myspace della omonima formazione francese in cui primeggia una splendida organettista, Ysabelle Baillet.

Accompagnata da sassofono, chitarra, contrabbasso e percussioni, Ysabelle sforna una musica molto bella, delicata, a tratti architettonicamente complessa, inafferrabile, elegante, geometrica, incantatrice, musica ai confini di molti generi. Alle volte klezmer, alle volte jazz.

Una bella scoperta, una organettista molto raffinata e se proprio gli devo trovare un difetto, diciamo che le sue musiche non sono proprio quelle che ti rimangono nell'orecchio subito dopo il primo ascolto. Va ascoltata, capita... poi inizia a piacere.

Buon ascolto... http://www.myspace.com/zherdine

p.s. mi piace molto il brano Pinso et coleurs, ve lo consiglio per i momenti in cui fuori piove, quando una strana nostalgia ci coglie e decidiamo di prepararci un caffé...

lunedì 19 novembre 2007

Il senso della Polska per Smilla

Questo è un post per chi ama il freddo e le bianche infinite distese del grande Nord. Dalla neve, dal bianco brillante del senso della neve per Smilla (ricordate quel film di Peter Hoeg?), dalle dolci tardive e liberatorie primavere, dalla luce accecante delle tiepide estati nordiche. Da tutto questo nasce la musica della Scandinavia, gli "Stati Uniti del Freddo". E come le mille sfumature del bianco della neve, anche la musica scandinava gioca impercettibilmente con la somiglianza a se stessa senza essere mai ripetitiva, senza annoiare mai.

E sono musiche inconfondibili che portano con se un mondo, imprigionato in sonorità immediatamente distinguibili, in ritmi e armonizzazioni che non possono lasciare dubbi. E' musica scandinava!

Mi hanno segnalato un sito fatto molto bene, soprattutto perchè ha una parte in lingua inglese, altrimenti con lo svedese non me la sarei cavata molto bene... Ci possiamo trovare una corposa serie di brani di musica svedese, finlandese, norvegese e persino danese (la musica danese la riconosci dopo due battute...), tutti con la partitura musicale, il file midi e in molti casi anche un mp3. Cosa vogliamo di più?

Loro, quelli che gestiscono il sito, sono un gruppo spontaneo di musicisti di Copenhagen che si interessano di musica folk scandinava da più di trenta anni. Hanno fatto proprio un bel lavoro.

Vedere per credere: http://spillefolk.dk

Se poi volete ascoltare subito un po' di bellissima musica scandinava, allora non vi resta che fare clic qui... Non mi assumo la responsabilità per eventuali sindromi da "polska dipendenza".

giovedì 15 novembre 2007

La musica delle sfere

Nella visione Tolemaica si pensava che una serie di sette sfere formasse il cielo e che, ruotando una sull'altra, sprigionassero una musica celestiale. Ne parla anche Dante nella Divina Commedia nel primo canto del Paradiso...

Quando la rota, che tu sempiterni
Desiderato, a sé mi fece atteso,
Con l’armonia che temperi e discerni,
Parvemi tanto, allor, del cielo acceso
De la fiamma del sol, che pioggia o fiume
Lago non fece mai tanto disteso.
La novità del suono e ’l grande lume
Di lor cagion m’accesero un disio
Mai non sentito di cotanto acume.


Le sfere planetarie che compongono il paradiso dantesco sono un cielo di pietra, nonostante la loro composizione eterea. Anzi, è proprio la presenza di una materia dotata di moto circolare ed eterna, il cosiddetto quinto elemento o etere, a giustificare agli occhi degli uomini del medioevo l’esistenza di una musica celeste derivante dal perpetuo movimenti dei pianeti.

La teoria dell’armonia delle sfere è però caratterizzata da una persistenza che va ben oltre l’età medievale e la concezione tolemaica dell’universo, superando anche l’interpretazione geometrizzante operata da Keplero nel XVII secolo.

Alcune delle più recenti teorie fisiche che vogliono descrivere il comportamento delle particelle elementari utilizzano in effetti modellizzazioni basate su particolari simmetrie spaziali, quando non precisamente la nozione di armonia, che risalgono alle speculazioni dei pitagorici e di Platone.

Musica, fisica e geometria fuse in una sola arte. Il sogno di Bach. Ne ho scritto in un precedente post, e in quello citavo una animazione tratta da un film su Glenn gould che sembrava corrispondere in pieno al concetto di musica delle sfere, e anche a un certo potere geometrico e pittorico della musica di Bach.

L'ho finalmente trovata e la pubblico qui. Ecco l'effetto che mi fa studiare Bach all'organetto... devo smettere.

mercoledì 14 novembre 2007

Intervista a Stéphane Delicq

Si sa... è di poche parole e ha anche un carattere "forte", ma alla fine sono riuscito a fargli questa intervista, tra mille difficoltà e diffidenze... naturalmente sto parlando di Stéphane Delicq, un musicista che ammiro molto per le sue composizioni, semplici, facili, sobrie, ma ricche di personalità.
Buona lettura...


Come è avvenuto il tuo incontro con la fisarmonica diatonica? Sei autodidatta o hai dei maestri?
Fu nel 1979, e la cosa avvenne in maniera un po' occasionale dal momento che fu un mio amico a prestarmi per un po' di tempo un organetto. Fu l'inizio di un percorso essenzialmente da autodidatta.

Puoi dirmi quali sono stati i musicisti o le composizioni determinanti per la tua formazione di organettista e compositore?
Non saprei... un po' tutti i generi, la musica barocca, la classica, la musica contemporanea, e soprattutto il jazz. Ma non vorrei dimenticare la tradizione della canzone francese e non solo francese. Una particolare influenza ce l'ha avuta la musica slava (mia madre è ucraina). Cerco di ascoltare sempre tutto, musica etnica e classica, e tutti gli strumenti. Questo mi arricchisce perchè valico orizzonti musicali diversi, o attraverso l'ascolto dei cd o anche con l'incontro diretto coi musicisti.

Puoi definire una tua estetica relatica al modo di suonare la fisarmonica diatonica?
Cerco innanzitutto di dare importanza al fraseggio, al suonare le note al momento giusto. Una volta ho sentito una cantante lirica dire alla radio che se il virtuosismo si riduce a pura tecnica, allora è solo vanità... e io sono assolutamente d'accordo su questo punto. Non aggiungo molti abbellimenti, ma lavoro molto alla cura dell'espressione attraverso il mantice. Questo mi permette di essere insieme ai danzatori, entrare nel loro movimento, respirare per farli respirare, essere nel ritmo giusto, giocare con le pause di silenzio tra una nota e l'altra, provare a mettere in relazione la mia sensibilità con quella di chi balla.

Cosa ami di più nel mondo della musica folk e c'è, eventualmente, qualcosa che non apprezzi particolarmente?

Apprezzo molto il pubblico fatto di ballerini e danzatori, a anche alcuni musicisti che sono amici, dopo tanti anni. Ma non amo altre cose, come la gelosia, l'invidia, un certo integralismo. E poi non mi piace l'invidia, l'integralismo e le bassezze di alcuni musicisti e organizzatori.

Qual è la tua opinione in merito al miglior modo di impostare una didattica dell'organetto?
Credo che l'unico principio che guida la mia didattica sia quello di avere il piacere di trasmettere agli altri musicisti quel poco che si sa.

I tuoi futuri progetti musicali?

Registrare un prossimo album dal vivo con il mio quartetto durante un ballo a Bruxelles. E se tutto va bene dovrebbe uscire tra non molto!

Un ringraziamento ad Anne Guillot per la traduzione.

martedì 13 novembre 2007

Musiche di stagione

Parliamo di Piazzolla, un grande musicista che ha saputo trasformare il tango e che ha contribuito a far conoscere il bandoneon in tutto il mondo... ma anche un musicista che seppe trovare legami fondamentali con la musica classica e la tradizione colta. Ne ho scritto un breve articolo, per chi avrà la pazienza di leggermi...

Las Cuatro Estaciones. Quando Piazzolla incontrò Vivaldi

Di Gianni Ventola Danese
Liberazione, 11.11.2007

“Il tango è uno stile di vita". Così diceva Piazzolla in un’intervista rilasciata nel 1989 a Gonzalo Saavedra nella sua visita in Cile. Questa frase potrebbe riassumere gli oltre cento anni di vita di questa danza nata nei tuguri di Buenos Aires nel tempo in cui nella città e in tutta l’Argentina affluiva una moltitudine di immigrati in cerca di fortuna provenienti da tutto il mondo.
Una musica di “bassa estrazione” che, attraverso Piazzolla, si è elevata a genere musicale colto in cui il moderno si fonde con il tradizionale, il popolare con il raffinato; un genere in cui la tristezza struggente del tango non scade mai nella languida autocommiserazione che troppo spesso aveva caratterizzato il primo tango, ma si esprime con violenza, passione ed eleganza.
Esempio paradigmatico di questa “rivoluzione” del tango sono proprio le “Quattro Stagioni” composte da Astor, una composizione fondamentale e di svolta, perché qui il tango intesse legami profondi con la tradizione della musica classica rifacendosi al modello vivaldiano del Cimento dell’armonia e dell’inventione, pubblicato nel 1725 e contenente i celeberrimi concerti per violino dal titolo Le Quattro Stagioni. Entrambi i musicisti sono stati inizialmente contrastati per le novità che proponevano, rispetto ai canoni dei rispettivi tempi: il moderno stile operistico di Vivaldi e le innovazioni nel concepire il tango di Piazzolla.
Un lavoro scandaloso quello di Piazzola, per molti versi, perché il suo “Tango Nuevo”, di cui le Stagioni porteñe sono una sorta di manifesto, si opponeva ai più accaniti conservatori, intendendo rappresentare un tipo di musica non finalizzata alla danza ma al solo ascolto. La scelta di perseguire questo fine, dettata più dall’istinto che dalla volontà, è quasi imposta dalla formazione artistica di Piazzolla che, affatto propenso a seguire la passione tanghesca del padre Vicente, si orientò inizialmente verso il genere colto per eccellenza: la musica classica. E fu proprio grazie allo studio della musica classica e, successivamente, del contrappunto a quattro parti (con Nadia Boulanger, a Parigi, che fu anche insegnante, tra gli altri, di Leonard Bernstein, George Gershwin e John Eliot Gardiner), che gli permise di innovare tanto profondamente il tango tradizionale.
Verano Porteño, è un brano composto nel 1965 per lo spettacolo teatrale intitolato “Selenita de oro” diretto da Alberto Rodriguez Muñóz. Eseguito con il bandoneòn, il brano è di una prorompente vitalità. È l’Estate, la prima delle Quattro Stagioni Porteñe composte da Piazzolla, in cui i due meravigliosi “cantabili” del bandoneón e del violino si alternano a ritmi ossessivi e martellanti presenti sia nell’introduzione sia nella parte centrale del brano. La parte finale è un continuo incrocio di elementi armonici e ritmici per prepararsi, attraverso un “obbligato” del pianoforte, alla coda tanghesca conclusiva: un uragano! Ah che pur troppo i Suo timor Son veri / Tuona e fulmina il Ciel e grandioso / Tronca il capo alle Spiche e a' grani alteri. La figurazione simbolica del temporale estivo evocata dal sonetto dello stesso Vivaldi nella sua Estate rimane nel lavoro dell’argentino, addirittura nell’esecuzione della pagina di Piazzolla per mano del grande violinista Guidon Kremer, il tema vivaldiano riaffiora improvvisamente, squarciando la fitta tessitura del tango e inserendosi con inaspettata armonia nel ritmo pulsante della danza.
Inverno Porteño scritto nel 1970 chiude la suite delle Quattro Stagioni Porteñe ed è uno dei brani più belli scritti dal compositore argentino. Ed è proprio in questa composizione che Astor sembra creare una nuova simbiosi tra generi musicali, tra il tango e la musica classica. È ancora nell’esecuzione del violinista Guidon Kremer che si può ritrovare molto chiaramente questa relazione. Il fraseggio iniziale del violino, ostinato e quasi violento, trova un approdo quieto in un cantabile accompagnato dagli archi di chiara impronta classica. La stessa tessitura armonica, divenuta semplice e lineare, ricorda in pieno le rotondità delle composizioni barocche, la loro ciclicità armonica. Ciclicità che si riafferma nell’ultima stagione di Astor con l’improvvisa riapparizione dell’indiavolato tema principale che, proprio nella coda conclusiva di questo brano, si distingue come uno dei tanti elemento davvero “classici” tanto da rimandare senz’altro la mente indietro di 250 anni circa. Un ponte tra Vivaldi e Piazzolla sancito scherzosamente nella registrazione di Kremer con la citazione al clavicembalo del tema della Primavera. Questo, infatti, traspare a volume bassissimo sulla nota finale dell’Inverno Porteño, quasi impercettibile se non si alza di molto il volume dell’ascolto. Uno scherzo, un gioco forse.
Le Stagioni di Piazzolla sono quindi il tentativo riuscito non solo di trasformare il tango in una musica “colta”, ma anche di rinnovarne i linguaggi, paradossalmente, proprio ispirandosi ai canoni classici. Come affermava lo stesso Piazzolla in una delle sue ultime interviste rilasciata nel 1989, “Il tango non esiste più. È esistito molti anni fa, fino al 1955 quando Buenos Aires era una città che si vestiva di tango, si camminava il tango, dove si respirava nell’aria il profumo del tango. Però oggi non è più così. Oggi si respira più un profumo di rock o di punk… Il tango di oggi è solo una imitazione nostalgica e annoiata di quella epoca. E il mio tango appartiene a questo tempo.

domenica 11 novembre 2007

L'organetto ad Aosta

Ad Aosta nasce una iniziativa formativa interessante. Riporto qui sotto il lancio dell'Ansa.

"Rispondere "a una crescente richiesta di conoscenza e formazione nell'ambito delle musiche di tradizione ed etniche". E' lo scopo dei Corsi di formazione su strumenti e repertori etnici, organizzati nell'ambito del progetto Centrad-Vda, che prevede sei incontri residenziali a Valgrisenche (nei fine settimana) e varie prove di insieme nella scuola media Einaudi di Aosta.

E' prevista l'attuazione di tre cattedre relative a strumenti etnici, ovvero organetto diatonico e violino popolare, cornamusa e fiati, liuti comparati e chitarre. Gli insegnanti sono i valdostani Sergio Pugnalin, Remy e Vincent Boniface, i francesi Stephan Milleret e Jean Blanchard. Saranno trattate varie discipline: elementi di etnomusicologia; grammatiche delle musiche etniche; canto e danza tradizionale; arrangiamento, composizione e improvvisazione per repertori etnici; didattica della musica etnica; etnoensemble-musica d'insieme. Le aree di approfondimento vanno dall'Europa occidentale alla Scandinavia, dai Balcani al mondo arabo e turco, dalla musica gypsy ed ebraica al Nordamerica.

Direttore artistico del corso è Sergio Pugnalin (Sfom Vda), coordinamento scientifico di Gianni Nuti (Sfom Vda), collaborazione organizzativa di Liliana Bertolo (Trouveur Valdoten)"

L'iniziativa è lodevole, anche se ogni volta che leggo "organetto diatonico", soprattutto in contesti professionali e didattici, non mi piace... l'organetto è organetto, e la fisarmonica è diatonica. E poi mi chiedo, con tutto il rispetto per le danze e le musiche popolari, quando riusciremo a far uscire la fisarmonica diatonica dal territorio "etnico"? L'organetto è uno strumento etnico? Io credo che sia uno strumento musicale e che, come tale, sia capace di parlare più linguaggi, non solo quelli del folclore.

giovedì 8 novembre 2007

L'organetto tra Bach e Pessoa

Quali sono i rapporti tra musica e arti visive? me lo sono chiesto spesso, perchè alle volte scrivo musica e poi mi scopro a immaginare una struttura figurativa di quella stessa musica. Anzi, questo modo di pensare alle volte mi aiuta a comporre, mi toglie d'impiccio, mi aiuta a trovare la strada, mi fa capire cosa è meglio e cosa no... Avevo visto un film molti anni fa, si intitolava Trentadue piccoli film su Glenn Gould, e uno di questi brevi cortometraggi era proprio una animazione che descriveva graficamente in modo perfetto, quasi onirico, una fuga del Clavicembalo Ben Temperato.

In questi giorni mi sto divertendo a trascrivere una fuga di Bach per clavicembalo per il mio trio (clarinetto, contrabbasso e organetto). Essere "dentro" Bach è stupefacente... proprio nel senso che suonarlo diventa una droga. C'è una perfezione visionaria nella sua musica che toglie il fiato e che fa percepire la vita in un altro modo.

Leggendo Il libro dell'inquietudine di Ferdinando Pessoa, ho letto un brano in cui ritrovo la stessa sensazione...

"Diventato una pura attenzione dei sensi, fluttuo senza pensieri e senza emozioni. (...) Come vorrei, lo sento in questo momento, essere una persona capace di vedere tutto questo come se non avesse con esso altro rapporto se non vederlo (...). Non aver imparato fin dalla nascita ad attribuire significati usati a tutte queste cose; poter separare l'immagine che le cose hanno in sé dall'immagine che è stata loro imposta. (...) Smarrisco l'immagine che vedevo. Sono diventato un cieco che vede. (...) Tutto questo non è più la Realtà: è semplicemente la Vita".

p.s. ehi! ma in questa foto Pessoa mi assomiglia! ;-)

sabato 3 novembre 2007

Faccia d'organetto

In giro per la rete ho trovato anche questo, un emoticon che riproduce l'organetto. Non è l'imitazione di una espressione facciale, come i classici emoticon di una volta, ma può essere usato sicuramente per trasferire emozioni...

E' vero... sembrano due sardi che portano un termosifone, però è carino lo stesso, magari da usare al fondo delle nostre mail per significare che facciamo parte della comunità mondiale degli organettisti.

E poi è uno dei pochi emoticon palindromici, cioé lo possiamo leggere allo stesso modo da destra e da sinistra.

;-)
[:|||:]