Parliamo di Piazzolla, un grande musicista che ha saputo trasformare il tango e che ha contribuito a far conoscere il bandoneon in tutto il mondo... ma anche un musicista che seppe trovare legami fondamentali con la musica classica e la tradizione colta. Ne ho scritto un breve articolo, per chi avrà la pazienza di leggermi...
Las Cuatro Estaciones. Quando Piazzolla incontrò Vivaldi
Di Gianni Ventola Danese
Liberazione, 11.11.2007
“Il tango è uno stile di vita". Così diceva Piazzolla in un’intervista rilasciata nel 1989 a Gonzalo Saavedra nella sua visita in Cile. Questa frase potrebbe riassumere gli oltre cento anni di vita di questa danza nata nei tuguri di Buenos Aires nel tempo in cui nella città e in tutta l’Argentina affluiva una moltitudine di immigrati in cerca di fortuna provenienti da tutto il mondo.
Una musica di “bassa estrazione” che, attraverso Piazzolla, si è elevata a genere musicale colto in cui il moderno si fonde con il tradizionale, il popolare con il raffinato; un genere in cui la tristezza struggente del tango non scade mai nella languida autocommiserazione che troppo spesso aveva caratterizzato il primo tango, ma si esprime con violenza, passione ed eleganza.
Esempio paradigmatico di questa “rivoluzione” del tango sono proprio le “Quattro Stagioni” composte da Astor, una composizione fondamentale e di svolta, perché qui il tango intesse legami profondi con la tradizione della musica classica rifacendosi al modello vivaldiano del Cimento dell’armonia e dell’inventione, pubblicato nel 1725 e contenente i celeberrimi concerti per violino dal titolo Le Quattro Stagioni. Entrambi i musicisti sono stati inizialmente contrastati per le novità che proponevano, rispetto ai canoni dei rispettivi tempi: il moderno stile operistico di Vivaldi e le innovazioni nel concepire il tango di Piazzolla.
Un lavoro scandaloso quello di Piazzola, per molti versi, perché il suo “Tango Nuevo”, di cui le Stagioni porteñe sono una sorta di manifesto, si opponeva ai più accaniti conservatori, intendendo rappresentare un tipo di musica non finalizzata alla danza ma al solo ascolto. La scelta di perseguire questo fine, dettata più dall’istinto che dalla volontà, è quasi imposta dalla formazione artistica di Piazzolla che, affatto propenso a seguire la passione tanghesca del padre Vicente, si orientò inizialmente verso il genere colto per eccellenza: la musica classica. E fu proprio grazie allo studio della musica classica e, successivamente, del contrappunto a quattro parti (con Nadia Boulanger, a Parigi, che fu anche insegnante, tra gli altri, di Leonard Bernstein, George Gershwin e John Eliot Gardiner), che gli permise di innovare tanto profondamente il tango tradizionale.
Verano Porteño, è un brano composto nel 1965 per lo spettacolo teatrale intitolato “Selenita de oro” diretto da Alberto Rodriguez Muñóz. Eseguito con il bandoneòn, il brano è di una prorompente vitalità. È l’Estate, la prima delle Quattro Stagioni Porteñe composte da Piazzolla, in cui i due meravigliosi “cantabili” del bandoneón e del violino si alternano a ritmi ossessivi e martellanti presenti sia nell’introduzione sia nella parte centrale del brano. La parte finale è un continuo incrocio di elementi armonici e ritmici per prepararsi, attraverso un “obbligato” del pianoforte, alla coda tanghesca conclusiva: un uragano! Ah che pur troppo i Suo timor Son veri / Tuona e fulmina il Ciel e grandioso / Tronca il capo alle Spiche e a' grani alteri. La figurazione simbolica del temporale estivo evocata dal sonetto dello stesso Vivaldi nella sua Estate rimane nel lavoro dell’argentino, addirittura nell’esecuzione della pagina di Piazzolla per mano del grande violinista Guidon Kremer, il tema vivaldiano riaffiora improvvisamente, squarciando la fitta tessitura del tango e inserendosi con inaspettata armonia nel ritmo pulsante della danza.
Inverno Porteño scritto nel 1970 chiude la suite delle Quattro Stagioni Porteñe ed è uno dei brani più belli scritti dal compositore argentino. Ed è proprio in questa composizione che Astor sembra creare una nuova simbiosi tra generi musicali, tra il tango e la musica classica. È ancora nell’esecuzione del violinista Guidon Kremer che si può ritrovare molto chiaramente questa relazione. Il fraseggio iniziale del violino, ostinato e quasi violento, trova un approdo quieto in un cantabile accompagnato dagli archi di chiara impronta classica. La stessa tessitura armonica, divenuta semplice e lineare, ricorda in pieno le rotondità delle composizioni barocche, la loro ciclicità armonica. Ciclicità che si riafferma nell’ultima stagione di Astor con l’improvvisa riapparizione dell’indiavolato tema principale che, proprio nella coda conclusiva di questo brano, si distingue come uno dei tanti elemento davvero “classici” tanto da rimandare senz’altro la mente indietro di 250 anni circa. Un ponte tra Vivaldi e Piazzolla sancito scherzosamente nella registrazione di Kremer con la citazione al clavicembalo del tema della Primavera. Questo, infatti, traspare a volume bassissimo sulla nota finale dell’Inverno Porteño, quasi impercettibile se non si alza di molto il volume dell’ascolto. Uno scherzo, un gioco forse.
Le Stagioni di Piazzolla sono quindi il tentativo riuscito non solo di trasformare il tango in una musica “colta”, ma anche di rinnovarne i linguaggi, paradossalmente, proprio ispirandosi ai canoni classici. Come affermava lo stesso Piazzolla in una delle sue ultime interviste rilasciata nel 1989, “Il tango non esiste più. È esistito molti anni fa, fino al 1955 quando Buenos Aires era una città che si vestiva di tango, si camminava il tango, dove si respirava nell’aria il profumo del tango. Però oggi non è più così. Oggi si respira più un profumo di rock o di punk… Il tango di oggi è solo una imitazione nostalgica e annoiata di quella epoca. E il mio tango appartiene a questo tempo.
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